La vita cristiana è la risposta a un Padre generoso

L’udienza di Papa Francesco sul tema: “L’amore di Dio precede la legge e le dà senso” (Brano biblico: dal Libro del Deuteronomio 4, 32-35)

La vita cristiana è anzitutto la risposta grata a un Padre generoso. I cristiani che seguono solo dei “doveri” denunciano di non avere una esperienza personale di quel Dio che è “nostro”. Io devo fare questo, questo, questo … Solo doveri. Ma ti manca qualcosa! Qual è il fondamento di questo dovere? Il fondamento di questo dovere è l’amore di Dio Padre, che prima dà, poi comanda. Porre la legge prima della relazione non aiuta il cammino di fede. Come può un giovane desiderare di essere cristiano, se partiamo da obblighi, impegni, coerenze e non dalla liberazione? Ma essere cristiano è un cammino di liberazione! I comandamenti ti liberano dal tuo egoismo e ti liberano perché c’è l’amore di Dio che ti porta avanti. La formazione cristiana non è basata sulla forza di volontà, ma sull’accoglienza della salvezza, sul lasciarsi amare: prima il Mar Rosso, poi il Monte Sinai. Prima la salvezza: Dio salva il suo popolo nel Mar Rosso; poi nel Sinai gli dice cosa deve fare. Ma quel popolo sa che queste cose le fa perché è stato salvato da un Padre che lo ama.

La gratitudine è un tratto caratteristico del cuore visitato dallo Spirito Santo; per obbedire a Dio bisogna anzitutto ricordare i suoi benefici. Dice San Basilio: «Chi non lascia cadere nell’oblio tali benefici, si orienta verso la buona virtù e verso ogni opera di giustizia» (Regole brevi, 56). Dove ci porta tutto ciò? A fare esercizio di memoria:[3] quante cose belle ha fatto Dio per ognuno di noi! Quanto è generoso il nostro Padre celeste! Adesso io vorrei proporvi un piccolo esercizio, in silenzio, ognuno risponda nel suo cuore. Quante cose belle ha fatto Dio per me? Questa è la domanda. In silenzio ognuno di noi risponda. Quante cose belle ha fatto Dio per me? E questa è la liberazione di Dio. Dio fa tante cose belle e ci libera.

Eppure qualcuno può sentire di non aver ancora fatto una vera esperienza della liberazione di Dio. Questo può succedere. Potrebbe essere che ci si guardi dentro e si trovi solo senso del dovere, una spiritualità da servi e non da figli. Cosa fare in questo caso? Come fece il popolo eletto. Dice il libro dell’Esodo: «Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero» (Es 2,23-25). Dio pensa a me.

L’azione liberatrice di Dio posta all’inizio del Decalogo – cioè dei comandamenti – è la risposta a questo lamento. Noi non ci salviamo da soli, ma da noi può partire un grido di aiuto: “Signore salvami, Signore insegnami la strada, Signore accarezzami, Signore dammi un po’ di gioia”. Questo è un grido che chiede aiuto. Questo spetta a noi: chiedere di essere liberati dall’egoismo, dal peccato, dalle catene della schiavitù. Questo grido è importante, è preghiera, è coscienza di quello che c’è ancora di oppresso e non liberato in noi. Ci sono tante cose non liberate nella nostra anima. “Salvami, aiutami, liberami”. Questa è una bella preghiera al Signore. Dio attende quel grido, perché può e vuole spezzare le nostre catene; Dio non ci ha chiamati alla vita per rimanere oppressi, ma per essere liberi e vivere nella gratitudine, obbedendo con gioia a Colui che ci ha dato tanto, infinitamente più di quanto mai potremo dare a Lui. È bello questo. Che Dio sia sempre benedetto per tutto quello che ha fatto, fa e farà in noi!

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