Il messaggio del Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale Peter Turkson per la Giornata Internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe
Dal World Drug Report 2017 dell’UNODC, emerge che, nel 2015, circa 250 milioni di persone nel mondo hanno fatto uso di droghe e di questi 29,5 milioni soffrono di disturbi provocati dal loro consumo. In particolare, tra i 12 milioni di persone che usano droghe iniettabili, più della metà (6,1 milioni) sono affetti da epatite C, mentre 1,3 milioni vivono sia con l’Epatite C che con il virus hiv/aids. Sono numerosi i danni causati dall’uso e abuso di stupefacenti non solo per la salute ma anche per lo sviluppo, per la pace e la sicurezza, in tutte le regioni del mondo.
Il dramma lacerante della droga è un male che minaccia la dignità e la libertà di agire di ogni persona e spezza progressivamente l’immagine che il Creatore ha plasmato in noi. Questa piaga va condannata fermamente perché alimentata da uomini senza scrupoli, che, cedendo alla tentazione di facili guadagni, seminano morte stroncando speranze e distruggendo tante famiglie.
La droga è una ferita inferta alla nostra società, che intrappola molte persone in una spirale di sofferenza e alienazione. Molti sono i fattori che spingono verso la dipendenza dalla droga quali l’esclusione sociale, l’assenza della famiglia, la pressione sociale, la propaganda dei trafficanti, il desiderio di vivere nuove esperienze.
È importante promuovere una cultura della solidarietà e della sussidiarietà volta al bene comune; una cultura che si opponga agli egoismi e alle logiche utilitariste ed economiche, ma che si propende verso l’altro, in ascolto, in un cammino di incontro e di relazione con il nostro prossimo, soprattutto quando è più vulnerabile e fragile come lo è chi fa abuso di droghe. Come sottolinea Papa Francesco, “ogni tossicodipendente porta con sé una storia personale diversa, che deve essere ascoltata, compresa, amata, e per quanto possibile, guarita e purificata. Non possiamo cadere nell’ingiustizia di catalogare il tossicodipendente come se fosse un oggetto o un meccanismo rotto; ogni persona deve essere valorizzata e apprezzata nella sua dignità per poter essere guarita”.
I giovani sono le prime vittime della droga. Immersi in una società relativista ed edonista, ne ricevono proposte alienanti: dai valori, da una realtà concreta e tesa verso la piena realizzazione di sé. Le nuove generazioni vivono spesso in un modo “virtuale”, nel quale viene offerto loro “un ampio ventaglio di possibilità per raggiungere una felicità effimera, che alla fine diventa veleno, che corrode, corrompe e uccide. La persona pian piano si distrugge e insieme a lei distrugge tutti quelli che la circondano. Il desiderio iniziale di fuga, alla ricerca di una felicità momentanea, si trasforma nella devastazione della persona nella sua integrità, con ripercussioni su tutte le fasce sociali”.
È chiaro, come afferma Papa Francesco, che in molti casi queste forme di dipendenza non sono conseguenza del cedimento al vizio, ma un effetto delle dinamiche di esclusione: “C’è tutto un armamento mondiale di droga che sta distruggendo questa generazione di giovani che è destinata allo scarto!”.
Si devono proporre ai nostri giovani programmi educativi incisivi e concreti, che sviluppino le loro potenzialità ed educhino il loro cuore alla gioia della profondità, non della superficiali. Importante, nel processo di aiuto, è la relazione umana; in quanto “la chiamata alla gioia e alla vita in pienezza si colloca sempre all’interno di un contesto culturale e di relazioni sociali”.
Sebbene la prevenzione sia il cammino prioritario, è importante lavorare per la riabilitazione delle vittime della droga nella società, per ridare loro l’autentica gioia di vivere, affinché non si sentano discriminate o stigmatizzate ma accolte e comprese per un cammino di rinnovamento interiore teso alla ricerca del bene.
Non dobbiamo mai dimenticare che “anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio”. Ne sono esempio i tanti giovani che, desiderosi di sottrarsi alla dipendenza dalla droga, si impegnano a ricostruire la loro vita, guardando in avanti con fiducia.