Alla fine i migranti delle due navi Sea Watch e Sea Eye, in Italia, saranno accolti dalle strutture della Chiesa valdese e delle chiese evangeliche, una decina in totale e senza dividere le famiglie. La Chiesa italiana, da parte sua, su questo argomento aveva ampiamente offerto la sua disponibilità, già risultata decisiva nel precedente caso della nave Diciotti. Nelle ultime settimane, infatti, sono state numerose le prese di posizioni sulla tormentata vicenda, che hanno portato i vescovi italiani a scontrarsi, seppure nelle diverse singole espressioni, con il governo di Lega e 5Stelle. Un rapporto iniziato in maniera non idilliaca, e che è continuato sempre sulla stessa lunghezza d’onda, inclinandosi verso il basso su una questione centrale come quella dell’immigrazione. “Rivolgo un accorato appello ai leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone”, aveva infatti proclamato domenica scorsa Papa Francesco, dopo l’Angelus, parlando alla folla di piazza San Pietro, sancendo così l’accoglienza istituzionale dei cattolici.
“Il Papa richiama il fondamento morale di ogni intervento umanitario. Non siamo di fronte a un optional, a qualcosa lasciato al libero esercizio delle preferenze. Soccorrere essere umani in queste condizioni è un imperativo morale. Ne va dei fondamenti del nostro patto civile, sanciti dalla stessa Costituzione”, ha così commentato alcuni giorni dopo l’arcivescovo di Chieti-Vasto e cardinale Bruno Forte, parlando al giornalista del Corriere della Sera Gian Guido Vecchi, specificando senza mezzi termini che “sarebbe bene che il ministro Salvini non si mettesse a dare lezioni di magistero, per quello c’è il Papa che lo fa molto bene e con chiarezza. Se vuole fare il cattolico, ascolti il Papa”. Attaccando quindi frontalmente il leader della Lega, desideroso fin dall’inizio di accreditarsi di fronte all’elettorato cattolico. “L’inferno è lasciare 49 persone al freddo nel Mediterraneo”, ha rincarato a Tv2000 il presidente della Pontificia accademia per la vita monsignor Vincenzo Paglia, rievocando nei toni l’ormai celebre copertina del “Vade Retro Salvini” di Famiglia Cristiana.
A inquadrare le parole del pontefice e dei vescovi sul tema ci ha pensato nei giorni seguenti monsignor Charles Scicluna. “Il Vescovo, non essendo un geopolitico, può solo fare un appello alla coscienza dell’umanità, appello rivolto anche dal papa ai leader europei per trovare una soluzione umanitaria ed urgente. È necessario che tutti, in maniera proporzionale, si assumano le loro responsabilità, così come è necessario aiutarsi a vicenda affinché nessuno possa sentirsi lasciato solo”, spiegava a RaiNews24l’arcivescovo di Malta, da poco chiamato dal papa al ruolo di segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede. Dall’altra sponda del mare, il vescovo di Noto monsignor Antonio Staglianò, delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per le migrazioni, invocava “pronta soluzione umanitaria” per i profughi fermi nelle acque del Mediterraneo, e a lui si aggiungeva l’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia, offrendo la disponibilità della sua diocesi ad accoglierli. “È un gesto simbolico spirituale e concreto: dobbiamo lanciare un segnale preciso alle autorità italiane e straniere sulla positività dell’accoglienza”, è stata la motivazione, seguita a ruota da altri come il vescovo di Palermo Corrado Lorefice, il presidente della Commissione migranti della Cei Guerino di Tora, o il vescovo di Mazara del Vallo monsignor Domenico Mogavero.
Il tutto dopo che Papa Francesco, come ricorda Carlo Marroni sul Sole24ore, sul tema ad esempio delle unioni civili aveva detto chiaramente di non volersi immischiare nella politica italiana. In quel caso, il Pontefice vi aveva quindi visto una problematica di ordine politico, seppure dai risvolti fortemente morali, mentre nel Mediterraneo l’emergenza era di tipo umanitario. Si trattava cioè di mettere in primo piano l’incolumità delle persone sulle imbarcazioni, a prescindere delle decisioni sulle politiche di accoglienza, redistribuzione o rimpatrio che vorrà poi prendere il governo. Questo perché, come scriveva Domenico Delle Foglie su Formiche.net, “sull’accoglienza dei migranti Papa e vescovi fanno il loro mestiere”. Quello che la Chiesa perciò chiede alla politica, di fatto, è uno sforzo ulteriore rispetto a soluzioni immediate come la chiusura delle frontiere.
Se infatti la soluzione dell’accoglienza è una risposta istantanea che però, complice la difficoltà di integrazione sul territorio, non viene accolta con favore dalla popolazione, la soluzione del respingimento è molto più complessa, e quindi più difficile da portare avanti. Ma gratifica la politica in termini di consenso, almeno nel momento dell’annuncio, come si vede nei sondaggi favorevoli alla Lega. Tra le due, la Chiesa sa bene che la prospettiva più lungimirante le comprende entrambe: integrazione nel territorio italiano, dialogo con i Paesi di partenza per quanti dovranno tornare nel proprio Paese, quando sarà possibile. E quindi la necessità di accordi e di politiche di cooperazione. Un groviglio che si può sciogliere con molta più facilità con l’aiuto del mondo cattolico, per la sua vocazione di tipo universale e missionaria. E che rende il dialogo tra Chiesa e governo necessario. Nonostante le cose non sembrino andare in questa direzione, come si spiegava su Formiche.net già alcuni mesi fa e se si guarda ad esempio lo scontro più recente sul decreto sicurezza.
Tema sul quale, interpellati, la risposta dei vescovi italiani o delle associazioni cattoliche è stata netta. “Che nessuno voglia essere sovversivo, però ci sono dei problemi che richiedono anche dei giudizi di coscienza perché ci sono delle persone che, in modo onesto e serio, magari chiedono aiuto perché fuggono da situazioni disperate”, ha spiegato nei giorni della tempesta dei sindaci “ribelli”, capeggiati dal primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando, l’arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco. “A me interessa che le persone che hanno un bisogno vero, serio e onesto, possano trovare un aiuto”, è stata la chiosa dell’ex presidente della Cei, che ha così fatto scivolare la questione dell’obiezione di coscienza sul tema dell’immigrazione. “È giusto che una legge che si ritiene metta a repentaglio un diritto fondamentale costituzionale sia messa nelle mani della Corte costituzionale per un giudizio legittimo”, ha argomentato l’arcivescovo di Ferrara ed ex direttore della Fondazione Migrantes, monsignor Gian Carlo Perego, sostenendo anch’egli la legittimità di “fare obiezione di coscienza di fronte ad un decreto che non tutela la vita delle persone”.
A cui ha invece risposto il suo predecessore, l’ex arcivescovo di Ferrara Luigi Negri, una delle poche voci religiose “tradizionaliste” ad esprimersi. “La Costituzione italiana e una prassi consolidata fanno sì che non si possa tirare fuori l’obiezione di coscienza di fronte a tutto in chiave politica, soprattutto in particolare di fronte a disposizioni amministrative di un governo e magari dagli stessi che l’hanno finora negata proprio lì dove era invece legittima e doverosa”, ha detto il monsignore al quotidiano La Stampa, sostenendo che “il diritto all’obiezione va difeso quando sono messi in crisi principi fondamentali”. A una possibile mediazione, elaborando una definizione più moderata, ci ha poi pensato don Virginio Colmegna, presidente dalla Casa della Carità a Milano, parlando di “obiezione costituzionale” e condividendo in ogni caso la “preoccupazione per la tenuta della coesione sociale sui territori” da parte dei sindaci.
Certo è che di tutto questo si parlerà da lunedì 14 a mercoledì 16 gennaio durante la sessione invernale del Consiglio Permanente dei vescovi italiani, che si svolgerà a Roma presso la sede della Cei. Anche se non saranno gli unici discorsi sul tavolo, visto il fronte aperto negli ultimi mesi del 2018 sul rinnovato impegno dei cattolici in politica, complice la mancanza di interlocuzione con la maggioranza penta-leghista, e le molte emergenze sociali ormai cronicizzate. Tra cui la questione lavorativa, come ha spiegato a Formiche.net il presidente della Commissione Cei per il lavoro, l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro. Oppure quella più tragica degli abusi, in vista dell’importante incontro dei capi delle conferenze episcopali nazionali con Bergoglio in Vaticano, a febbraio, e per la quale i vescovi italiani saranno chiamati a votare sull’istituzione di un Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. “In questi anni, a far da filo conduttore è stata la prospettiva educativa: si tratta ora di avviare un bilancio e di individuare con quale struttura e quali contenuti prospettare l’itinerario futuro, finalizzato a costruire condivisione di sguardo e d’impegno tra le Chiesa in Italia”, è quello che scrive la Cei in una nota che anticipa l’assemblea, tracciandone il discorso di fondo.
Anche se ancora più importante, per la Chiesa italiana, è la questione dell’Ires per il Terzo settore e per il Non profit. Tant’è che su questo punto l’ultimo consiglio permanente della Cei si è concluso con una chiara presa di posizione da parte del segretario generale della Cei monsignor Stefano Russo, in cui si sono sottolineati “elementi di preoccupazione, che ci auguriamo di poter veder superati”, ma che in caso contrario danneggerebbero “tutte le attività di volontariato, di assistenza sociale, di presenza nell’ambito della ricerca, dell’istruzione e anche del mondo socio-sanitario”, di “realtà che spesso fanno fronte a carenze dello Stato, assicurando servizi e prossimità alla popolazione”. Tuttavia, secondo quanto riferisce il quotidiano della Cei Avvenire, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato ai rappresentanti delle associazioni, ricevuti a Palazzo Chigi, che il governo avrebbe trovato la copertura per ripristinare lo sgravio Ires a favore delle organizzazioni del Terzo settore e del Non profit. Un’intervento normativo “che avverrà a giorni, o con un decreto ad hoc o con un emendamento del governo al dl semplificazione”, spiega il quotidiano diretto da Marco Tarquinio.
Un’intervento di fondamentale interessa per la Chiesa italiana che specialmente sul tema dell’immigrazione, come ribadiva Avvenire replicando agli attacchi nei confronti del mondo cattolico con la spiegazione di cosa fa la Chiesa italiana per i migranti, supplisce fortemente alle carenze dello Stato. Stanziando sempre più fondi dell’otto per mille per le opere di tipo assistenziale, e destinandone così meno per la cura delle chiese e della vita religiosa. Tutto ciò con lo sguardo rivolto al fatto che, per la Chiesa, la gratuità è buona in quanto tale, è cioè un moto della coscienza che avvicina a Dio tramite l’amore per il prossimo. Non è cioè un fine, ma un mezzo. Dio non è un progetto sociale, ma traccia una suo disegno.