“The Place”, il desiderio dell’uomo tra idolo e affidamento

In un bar denominato The Place, un uomo misterioso riceve persone dalle storie profondamente differenti, ma accomunati dal tormento per un desiderio apparentemente irrealizzabile: che lui promette di compiere, se loro accetteranno di compiere azioni orribili; e tanto più nobile è il sogno che essi inseguono, tanto più gravi i delitti di cui si chiede loro di macchiarsi. È questo l’incipit di “The Place”, film italiano del 2017 di fortuna non grande, ma meritevole di essere riscoperto per la capacità di affrontare domande complesse che segnano l’esistenza di ognuno.

Chi è, dunque, il misterioso protagonista? Il Diavolo, sembrerebbe la risposta più ovvia, e che pure si rivela ben presto errata. Del resto è lui stesso a rinfacciarlo ai suoi clienti, che lo accusano di essere un mostro: sono loro i veri mostri, disposti a qualunque nefandezza pur di ottenere ciò che vogliono. E del resto, come l’Uomo di The Place ricorda, i personaggi restano liberi di scegliere e quella che lui offre è solo un’opportunità tra le mille possibili direzioni da dare alla propria vita. Il susseguirsi di vicende narrate nel film pone dunque allo spettatore inquietanti ma ineludibili interrogativi: i nostri sentimenti e affetti più cari possono diventare ‘idoli’ al cui possesso sacrificare ogni senso morale e religioso? La nostra felicità, seppur da noi identificata con istanze positive – amore, salute, famiglia, persino la stessa fede – può essere costruita sulla distruzione di quella altrui?

L’Uomo di The Place non è, dunque, il Diavolo con cui stringere uno scellerato patto: forse lo stesso patto ha scelto di stringerlo anche lui, relegandosi ad una vita rinchiusa tra le mura di un bar e “tra i mali del mondo”. Ma se anche il Diavolo è lontano, dov’è allora Dio? Distante anche lui, presente solo in quanto ‘smarrito’ da un personaggio, una giovane suora che, nel rinnegare i voti a Lui fatti proprio per ritrovarLo, scoprirà una diversa vocazione.

Gli uomini e le donne del film – e con loro noi tutti – sono dunque atomi in balia della precarietà dei sogni e della fortuna, in un orizzonte dominato dal male? La risposta conclusiva offerta dal racconto appare limitata ad una generica ‘religione dell’amore salvifico’ – che caratterizza tanta, anche ottima, cinematografia d’oltreoceano: scoprendosi innamorati, per la prima volta nella vita, alcuni personaggi – compreso il mefistofelico e disperato protagonista – possono veder balenare una possibilità di salvezza e cambiamento. Ma, proprio come accade nella vita, i destini dei personaggi si compiono e ricompongono, a poco a poco: le azioni più terribili a cui alcuni cedono vengono sventate o sanate dagli effetti del ‘patto’ di altri; e se il sacrificio di alcuni si rende necessario, da quel sangue rinascono legami familiari che sembravano irrimediabilmente distrutti.

“The Place” non offre, dunque, risposte agli interrogativi che pure coraggiosamente solleva: in ciò si può leggere un’approssimazione ideologica o una voluta reticenza; ma si ha anche la restituzione di quel senso di Mistero che caratterizza la vita umana. Un Mistero di fronte al quale l’unico senso, conforto è speranza è nell’affidamento: che però troppo spesso rivolgiamo alle nostre misere forze e al confuso e angoscioso desiderio di esaudire le nostre aspettative, restando invischiati in esse e nelle loro negative conseguenze, fino a rischiare di ‘non essere più noi stessi’, come osserva uno dei personaggi più commoventi del film. È invece la realtà a dare forma ai nostri desideri e, in modi consueti o inconsueti, lieti o dolorosi, da essi genera frutti. Sta a noi scorgere in quella realtà una Mano che è buona già nell’aver fatto sussultare il nostro cuore e solo seguendo la quale questo anelito può giungere alla felicità.

 

Valentina Caruso

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