“Non abbiate paura!”, Giovanni Paolo II oggi come 40 anni fa

Si dice spesso che la paura sia il sentimento che domina la nostra società. Ciò pare facilmente comprensibile, in un’epoca, quella iniziata nel secolo scorso, tormentata dalla violenza più efferata, che in tanti momenti ed eventi è sembrata spalancare l’abisso dell’umana crudeltà.

Ecco quindi che la paura diviene il tratto più caratterististico dell’animo dell’uomo contemporaneo. Essa informa le nostre relazioni col prossimo, rendendoci chiusi e sospettosi non solo nei confronti di chi ci appare ‘diverso’ o ‘straniero’, ma spesso anche di chi con noi divide la vita. I nostri legami, diventano, perciò, sempre più precari, minati dal timore di soffrire, per abbandono o per la rinuncia ai nostri egoismi. E la paura rende sempre più instabile anche la nostra identità: privati di qualsiasi appartenenza, rivolgiamo a noi stesso uno sguardo spietato, misurandoci nei nostri ‘risultati’ o rifuggendo in un edonismo incapace di riempirci il cuore.

Tutto ciò diviene drammaticamente evidente nei giovani, sempre più fragili, costretti a cercare nel mondo virtuale riparo alla solitudine e all’aggressività che domina il reale. E questa paura attanaglia e distorce anche il nostro rapporto con Dio. La freddezza verso la religiosità, tanto diffusa oggi, altro non è che timore di rinunciare a noi stessi, o, piuttosto, all’illusione che abbiamo di noi stessi per mettere la nostra vita nelle mani di un Altro: e così, credendo di difenderci, ci perdiamo, perché solo un Altro può salvarci dalla paura.

Proprio come avviene nel racconto evangelico di Matteo 14, 22-33: i discepoli, impauriti dalla tempesta, divengono incapaci di credere ai loro stessi occhi, di riconoscere Gesù che viene a salvarli; e quando Lui, col suo amorevole invito a non avere paura, rende Pietro capace di camminare sulle acque, vincendo i suoi umani limiti, egli viene nuovamente risucchiato, dalle acque e dalla paura. Solo la mano tesa di Cristo può salvarlo e solo il riconoscimento della Sua Presenza può vincere nei discepoli ogni dubbio.

“Non abbiate paura!”. Un grido dall’anima, un monito, che va ad aprire le porte di un cuore ancora chiso, anzi no, a “spalancarle”, a Cristo Gesù e al suo amore. Spesso il mondo se ne sta nel cenacolo, timoroso della morte e del peccato. È lì che lo Spirito Santo entra, anche con le porte del cuore chiuse, a portare fortezza ed ogni suo dono a chi, pur avendo amato Cristo, era morto con Lui sotto il peso del peccato.

Oggi, a distanza di 40 anni, questo grido si oppone a quello orripilato di Munch, che riflette sulla brevità di tutto il creato e il suo essere destinato a finire, a morire chissà dove.

Queste parole risuonano ancora dalle labbra del Santo della Pace: San Giovanni Paolo II le pronunciò in questo giorno quarant’anni fa, nella sua prima omelia, segnando anche la data della sua canonizzazione: “Non abbiate paura, aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”.

Egli è chi ci salva dalla paura, dalla paura di morire, dalla paura di essere schiacciati sotto il dominio del peccato. Ci libera da questa schiavitù e, come a Pentecoste, ci rende veri figli di Dio che hanno il suo Spirito, sono ricolmi di amore, non hanno più paura del baratro, sapenso che Dio li ha visitati, li ha redenti. Non avranno più paura, nemmeno della morte, nemmeno dei loro peccati, certi dell’amore di Dio, spiritualmente presente in loro. Certi dellla risurrezionedi Cristo che già opera in noi la grazia di quell’amore che scaccia il timore, ci dona lo Spirito Santo, ci rende veri Figli di Dio, che non ci lascerà mai perire in eterno.

Valentina Caruso, Elisa Pallotta

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