“I can’t breathe”, ripeteva George Floyd, l’uomo barbaramente ucciso per avere con sé una banconota falsa da venti dollari, con cui tentava di comprarsi le sigarette. Non posso respirare.
La sua morte ha scatenato forti proteste, nel cuore dell’impero capofila dell’Occidente post-cristiano. Proteste che si sono sovrapposte alla festa della Pentecoste, commemorazione della discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, riuniti nel Cenacolo con la Vergine. Cinquanta giorni dopo la Risurrezione di Cristo.
Una giornata in cui ci viene ricordato che lo Spirito è soffio, respiro. Lo Spirito è il Paraclito, il Consolatore. La traduzione italiana, come ricorda lo scrittore Alessandro D’Avenia, evoca il verbo ebraico che significa “far respirare”. Lo Spirito Santo, cioè, ci fa respirare, ci offre boccate d’ossigeno dall’oppressione del maligno. Cristo, il primo Consolatore, dona vita eterna a tutti gli uomini. Li rende vivi.
Dalla barbara uccisione di Gesù in croce, colpevole di avere predicato la Parola di Dio, l’umanità è stata redenta. La Sua è infatti Parola di pace, di amore, di fraternità. È Verbo di Dio, venuto a rivoluzionare completamente la concezione del divino praticata degli ebrei dell’epoca. “Davvero costui era Figlio di Dio!”, esclamò il centurione che faceva la guardia al Cristo nel momento della Sua morte, quando “il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono” (Matteo 27,51-56).
George Floyd è un Cristo dei nostri tempi. Ma oggi le strade americane sono invase da violenti cortei di protesta, che stanno mettendo a ferro e fuoco l’intero paese, duramente provato dal coronavirus, che tra pochi mesi dovrà affrontare un’elezione politica, ma che nel frattempo sta perdendo milioni di posti di lavoro.
Dove il divario tra ricchi e poveri si fa sempre più alto, dove l’umanità sta diventando per molti quasi un peso. Basti pensare al transumanesimo, all’eugenetica, all’eutanasia, all’aborto. In tutto ciò, la foto che abbiamo visto in queste ore dello SpaceX, il razzo privato dell’imprenditore multimiliardario Elon Musk volato fin sulla luna, che sembra quasi scappare mentre la terra è incendiata, sedotta e abbandonata, sofferente, urlante, è fortemente evocativa.
La terra ci sta dando segnali, il 2020 è cominciato con incendi, terremoti, epidemie. Il cuore degli uomini è saturo, affannato, triste. Sazio e disperato, per usare un’espressione utilizzata anni fa dal cardinale Giacomo Biffi. Non riesce più a respirare. Non ha spazio per il soffio dello spirito. “I can’t breathe”, si sente ripetere l’eco.
L’immagine di uomini e donne arrabbiati, rabbiosi e in protesta, per le strade americane, riportano però anche plasticamente agli occhi, per antitesi, le folle in festa della Gmg voluta a Roma da Giovanni Paolo II nel lontano 1985. Una festa in cui trecentomila di persone parteciparono alla Messa finale, per celebrare il Cristo e rendergli testimonianza. Tra le due piazze, il filo comune è quello di profonda compassione verso l’umanità. Oggi, nei confronti un uomo barbaramente ucciso, messo in croce.
La risposta a queste proteste, se verso il bene o verso il male, determinerà il cammino della nostra umanità. La scelta ci pone a un bivio forzato. In questo senso, l’immagine degli agenti di polizia che pregano in ginocchio con i manifestanti pacifici è il più bel segnale che ci sia arrivato in questi giorni dagli Stati Uniti. La dimostrazione che un’umanità nuova è possibile, se si alzano gli occhi in direzione del Signore.
Pensare che un uomo di duemila anni fa sia ancora oggi la vera risposta alle grida di quei giovani, la strada per un’umanità più giusta, che possa veramente elevarsi materialmente e spiritualmente, insieme, al cielo, è la ragione per cui i cristiani sono fermamente persuasi del fatto che sì: Davvero Costui era Figlio di Dio.