Le dieci caratteristiche del catechista secondo Papa Francesco

L’articolo pubblicato su L’Osservatore Romano

Vive in comunione con la Chiesa, alimenta il rapporto personale con Cristo, riconosce le proprie fragilità, è uomo della Parola, si mette in ascolto, si fa prossimo alla gente, si prepara, annuncia, sa “uscire”, custodisce la memoria. Sono le dieci caratteristiche dei catechisti ideali, che padre Sergio La Pegna, officiale della Congregazione delle cause dei santi, individua nel magistero del Pontefice riproponendole in un opuscolo dal titolo Il catechista secondo Papa Francesco (Pellezzano, Edizioni Dottrinari, 2018, pagine 64, euro 3,50).

L’autore offre a grandi linee alcune idee fondamentali sull’identità e la missione del catechista, a partire dagli scritti e dai discorsi di Jorge Mario Bergoglio. Ne scaturisce una sorta di identikit utile per quanti svolgono questo ministero nella Chiesa per approfondire la loro vocazione al servizio di Dio e dei fratelli. Come sottolinea La Pegna, «nessuno diventa cristiano da sé», per cui il catechista ha un ruolo fondamentale nell’annuncio del Vangelo. Il Papa, «ricordando con commozione e ringraziamento la sua catechista, fa riferimento al ruolo che queste persone svolgono nella Chiesa». Perciò, nel suo ministero a Buenos Aires e a Roma, ha sempre dato una grande importanza alla catechesi «intesa come luogo dell’incontro con Cristo». In particolare, padre La Pegna ricorda come nella capitale argentina, ogni anno, in occasione della memoria liturgica di san Pio X, Bergoglio indirizzasse una lettera ai catechisti. 

Vi sono poi cinque elementi caratteristici dell’esperienza della catechesi, delineati attraverso il pensiero e l’opera del beato Cesare de Bus, fondatore dei padri della dottrina cristiana, ai quali l’autore appartiene: essere catechismo vivente, nella Chiesa locale fedeli a Dio, fedeltà alla persona, linguaggio semplice, servirsi di tutto per annunciare Cristo. La Pegna avvicina l’insegnamento del fondatore al magistero di Francesco. Il catechista è un uomo impegnato a tempo pieno, anche quando non annuncia direttamente. La sua vita, infatti, deve essere esemplare, non vi sono tempi privilegiati. Non si smette mai di essere catechisti, nemmeno in vacanza! È questo il messaggio principale che sottintende a tutto l’opuscolo, perché, come scriveva il beato de Bus: «Il nostro stile di vita sia così conforme alla verità insegnata da essere un catechismo vivente». 

È fondamentale vivere il catechismo come un’immersione nella sacra Scrittura. D’altronde, la Parola non è proprietà della Chiesa e del catechista, ma dono di Dio. Esiste perciò il rischio di non essere imparziali e obiettivi nell’insegnare il catechismo, ma di inserirvi argomentazioni troppo personali e interpretazioni che non corrispondono a quanto Dio ha voluto rivelare e a quanto il magistero della Chiesa autorevolmente interpreta e consegna ai fedeli.

Non manca poi nell’opuscolo il riferimento ai primi catechisti che si incontrano nella vita: i genitori e i nonni, come più volte ha ricordato il Pontefice. La vecchiaia, afferma Papa Francesco, «è un tempo di grazia, nel quale il Signore rinnova la sua chiamata a custodire e trasmettere la fede; a pregare, specialmente a intercedere; a essere vicino a chi ha bisogno». Per questo, ai nonni è affidato il compito di essere catechisti: «Trasmettere l’esperienza della vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo; condividere con semplicità e saggezza la stessa fede». 

Paolo VI, il 27 aprile 1975, nel beatificare de Bus ricordò i catechisti, definendoli «artigiani della prima evangelizzazione missionaria» e menzionò i giovani volontari che, «sacrificando il tempo libero per dedicarsi all’annuncio del Vangelo, contribuiscono a edificarci e a sostenere la nostra speranza nel futuro». Anche Papa Francesco, rivolgendosi ai partecipanti al congresso internazionale sulla catechesi svoltosi nel settembre 2013 ha ringraziato i catechisti per quello che fanno, ma soprattutto, perché sono presenti nella Chiesa, nel Popolo di Dio in cammino

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