Di fatto, il Festival della Musica Italiana sembra essere stato pensato, in qualche modo, per far parlare di sé, nel bene o nel male.
“Tutto è puro per i puri”, dice San Paolo, e di certo il male è un’altra cosa rispetto a giovani esordienti che nel pieno del loro entusiasmo, cercano di prendere a morsi la vita. Ma è davvero solo questo?
Non si nasconde forse dietro all’intento generale di esprimersi nel modo più “anticonformista” possibile un’ipocrisia di fondo, che è quella di nascondersi dietro le quinte per servire, su un piatto d’argento, una “vendetta” politicamente corretta all’opinione pubblica, che si trova lei ad essere il vero “circo” di gladiatori, offrendo nei mass media uno spettacolo alquanto vergognoso di commenti, post, meme e considerazioni varie dove sembra regnare il “divide et impera”, più che lo “state uniti” di Gianni Morandi?
Se dal frutto si riconosce l’albero, Sanremo è riuscito, per questi pochi giorni di nuovo, e come troppo spesso i social stessi, a dividere più che aggregare, per poi godersi lo spettacolo per tutto il resto dell’anno, e ad oltranza, “dando in pasto” gli utenti televisivi, di fatto, ai vari social.
Non vale il “non parlare di”, o “il non parlare proprio”, ormai siamo dentro ad una “macchina” che non si ferma, e non è solo Sanremo: lo spettacolo siamo noi, e i 15 minuti di notorietà Warholiani citati da Checco Zalone sembrano ormai così inflazionati che nessuno è più davvero credibile.