Avanzava con le mani in tasca scostando i sassi sul suo cammino, lungo quel selciato bianco che conduceva alla cima del monte. A volte le piaceva passeggiare lassù, per sentire con più profondità quella voce che a volte sembrava sopirsi. I respiri, lenti, si perdevano nell’aria fredda di gennaio, filtrati da quella sciarpa color magenta, in quel cappotto un po’ stretto. Avrebbe voluto spostare il mondo come spostava quei sassi, o forse come la vita aveva fatto con lei, l’aveva messa da parte con forza, a guardare.
Camminando, inspirò sempre più profondamente, e in mezzo a quella nebbia si immaginò le ginestre che spuntano d’estate, e pensò che quando è inverno, sembra non finire mai. Il freddo pungente, le giornate più corte e la natura spoglia: tutto sembra essere stato così, da sempre. Eppure dopo la carestia deve ternare l’abbondanza, sia per giustizia che secondo la statistica. Non sapeva da quanto durasse quell’inverno interiore, forse durava semplicemente da troppo, così che lei non si ricordasse quando fosse iniziato e non poteva dove sarebbe stata la fine, proprio come quando c’è nebbia. Eppure il ricordo delle ginestre la faceva sperare e desiderare che su quel pendio, come nella sua vita, sarebbe tornato presto il sole. Ci sarebbe voluta solo tanta pazienza per andare avanti dignitosamente, ci sarebbe voluta la pazienza di Giobbe.
A volte pensava a quel povero sventurato, a cui successe di tutto per invidia del maligno su permissione divina, perfino che i suoi più cari amici lo deridessero. Quel povero uomo vide piombare su tutto ciò che lo riguardava (famiglia, averi, amicizie) una grande sventura e gridava a Dio: “perché?”.
Però una cosa la colpiva, di Giobbe. Lui continuò a fidarsi e benedisse sempre il Signore in ogni circostanza avversa. “Il Signore dà, il Signore toglie, sia benedetto il nome del Signore”, diceva Giobbe. A lei sembrava uno dei personaggi più virtuosi della Bibbia. La sua pazienza eroica, la fedeltà a Dio e la carità che lo spinse a intercedere per chi lo scherniva gli valsero di superare la prova e di ottenere di nuovo tutto ciò di cui il Signore lo aveva privato, ma in misura maggiore.
Forse dovremmo tutti lodare di più e pensare più agli altri anche nelle nostre sventure, pensò lei. Chissà quando per lei ci sarebbe stato un riscatto. Sul fatto che ci sarebbe stato era abbastanza convinta, o meglio, sapeva che quella fiducia prima o poi avrebbe commosso il cuore di Dio. O forse semplicemente era una prova per lei, per essere una persona migliore. Lei ci sperava. Continuava a camminare, chiedendo su di sé la pazienza di Giobbe.